Verso la fine degli anni ‘20 del secolo scorso Frank Lloyd Wright progettò l’Imperial Hotel di Tokyo affrontando il problema sismico in modo originale.
Progettò un edificio complesso, ma lo suddivise in corpi scatolari pensati come elementi “galleggianti” sopra un terreno deformabile.
Li fondò su una cortina di pali infissi in uno “shallow cheese soil” superficiale, senza portarli nella formazione melmosa sottostante; ciò perché il sistema fondale potesse funzionare come uno “shock adsorber” (così lo chiamò) deformabile capace di assicurare un effetto di isolamento dinamico nei confronti del sisma.
Nelle sue memorie scrisse: “Perché lottare contro il terremoto? Perché non mettersi in sintonia con esso per superarlo in astuzia?”.
Wright dovette usare le sua forte personalità per imporre quest’idea ad un’ingegneria ancora vincolata alle concezioni di resistenza e di rigidità, arrivando a modificare d’autorità i disegni strutturali.
La costruzione era stata appena ultimata quando nel 1923 un violentissimo terremoto, il Great Kanto Earthquake (M=7.9), colpì Tokyo provocando oltre 120˙000 vittime.
L’hotel rimase quasi indenne e poté essere usato per alloggiare gli sfollati.
Hotel stands undamaged as monument of your genius” fu il testo del telegramma che il barone Okura inviò a Wright consegnando alla storia la geniale intuizione dell’architetto americano.
Nel 1968 l’hotel fu demolito; non sono chiare le ragioni di questa decisione e non si dispone più dei documenti di progetto.
Ciò rende difficile oggi separare il mito dalla realtà della vicenda. Tuttavia, le dichiarazioni di Wright appaiono come il manifesto storico di una concezione che per la prima volta aveva indirizzato il progetto di un edificio verso la concreta applicazione di un sistema di protezione sismica differente da quello che proponeva l’ingegneria tradizionale, anzi antitetico.
La rigidità non era la risposta giusta, ma lo erano la flessibilità e la resilienza”, aveva affermato anticipando concetti sui quali si fonda oggi l’ingegneria sismica.
Era riuscito ad armonizzare architettura ed ingegneria per proporre una nuova idea progettuale; ma l’ingegneria dell’epoca non era pronta e non lo comprese, sicché mancò lo sviluppo auspicato da Heisenberg.